Il cammino metafora della vita.

Cosa hanno in comune Alessando Magno, Hans Christian Andersen, Ernest Hemingway, Paolo Coelho, Robert Louis Stevenson, John Steinbeck, il poeta Konstantinos Kavafis, il film "La forza del campione" (2006), il romanzo di Paolo Cognetti "Le otto montagne", Carl Gustav Jung, T.S. Eliot, Sant' Agostino, Susanna Tamaro, Albert Einstein e Jack Sparrow ( vedi " Pirati dei Caraibi -Oltre i confini del mare" ). ?
Potrei aggiungere molti altri personaggi alla suddetta lista: una eterogenea schiera di artisti, scrittori, filosofi, mental coachs, personaggi cinematografici ed intellettuali che hanno affrontato ed eseguito le stesse considerazioni in merito alla metafora del viaggio e del cammino che lega il viaggio alla vita. .
Quando programmiamo un viaggio quasi sempre ci concentriamo sulla meta così quando ci prefiggiamo un obiettivo ci concentriamo sul risultato e non sul processo necessario per raggiungerlo. Molti studenti studiano unicamente per il voto invece di riflettere sul percorso più efficace ed efficiente per acquisire le competenze della materia.
Adottando questi comportamenti si perde però completamente di vista quello che serve davvero per garantirci il successo, la felicità e la soddisfazione di una vacanza o la reale crescita nel proprio percorso di apprendimento.
Il vero obiettivo è invece nell' applicarsi nel processo, così come l'essenza di un viaggio è nel percorso e non nella meta, il piacere dello studio è imparare ed assumere competenze, conoscenze ed abilità, indipendentemente dal voto raggiunto. L'obiettivo di un viaggio non è arrivare a destinazione. L'obiettivo del viaggio è pervenire, dentro sé stessi, alla scoperta di chi veramente siamo.
"Il viaggio ci rende felici, non la destinazione". La citazione è tratta dal film "La forza del campione" (2006) a chiusura della scena in cui l'allievo è perplesso ed arrabbiato perché non capisce il motivo della sfacchinata compiuta. Il maestro solleva da terra un sasso qualunque: "Nemmeno io sapevo che lo avrei trovato. Non lo sai mai". Il viaggio quindi è ben più importante della meta e pertanto il turista e il viaggiatore devono essere intese due figure antitetiche e contrapposte.
Durante un trekking o una camminata in montagna, è naturale assumere la consapevolezza di ogni passo compiuto. Lo sguardo è basso e sempre diretto sul sentiero e proiettato sulla meta. Si compie un passo dopo l' altro e se un piede non è ben piantato non si muove l' altro. È in questa attenzione al percorso intrapreso, che assumono senso e significato sia ogni genere di difficoltà, sia la ferma volontà di arrivare. La felicità risiede proprio in quella fatica: una fatica che ti sfinisce e ti consuma ma che ti fa comprendere che ogni passo compiuto equivale ad un avvicinamento alla meta. Ogni sforzo che compi dischiude una risorsa in più sulla quale far leva per compiere il cammino. Ogni metro percorso rappresenta un superamento dei tuoi limiti e contribuisce alla conoscenza di te stesso e , tutt' al più, di un Dio immanente , del Deus sive natura spinoziano o del Dio antropomorfo della religione cristiana.
È in questo incedere che sta la bellezza del camminare, dentro e fuori di sé, alzando di tanto in tanto lo sguardo per godere costantemente di un panorama sempre nuovo perché visto con occhi diversi.
"Quando hai capito che la destinazione è la strada e che tu sei sempre sulla strada, non per giungere a destinazione, ma per godere della sua bellezza e della sua saggezza, la vita cessa di essere un dovere e diventa semplice e naturale, una beatitudine in sé e per sé" (Sri Nisargadatta Maharaj – Io sono quello).
"Alla fine di un viaggio c'è sempre un viaggio da ricominciare", cantava De Gregori. Bisogna tornare pertanto da un viaggio sempre diversi, con un bagaglio ancora più grande di quello con cui si è partiti, a volte felici, altre volte delusi, ma sempre pronti per un nuovo processo di crescita, ovvero un nuovo cammino. Secondo una leggenda nepalese, raggiunge una conoscenza maggiore chi percorre le otto montagne rispetto a chi scala solo la vetta più alta del monte Sumeru.